Premessa: per ottenere più equità dalla manovra «salva Italia», va bene tutto. Anzi, quasi tutto. Non va bene, ad esempio, che Raffaele Bonanni ci dica solo ora di avere uno zio. Che — parole sue — «non capisce nulla di economia», ma ne saprebbe, forse, più del professor Monti su come raddrizzare le gambe ai cani, contrastando l'evasione fiscale dei grandi patrimoni.
Ce lo avesse detto prima, sarei andato a trovarlo, per chiedergli di spiegare al nipote più preparato — lui che non capisce un'acca di economia — che Marchionne da tre anni mena il can per l'aia davanti al naso di lavoratori sindacati e governo. E gli avrei chiesto — sempre a lui, lo zio ignorante — di frenare lo slancio del nipote nei suoi abbracci con Maurizio Sacconi, il peggior ministro del Lavoro della storia repubblicana. Col quale il capo della Cisl ha concordato ogni mossa per isolare le lotte della Cgil contro tutte le iniquità del governo Berlusconi. E poi, sempre lo zio di Bonanni — non capendo nulla di economia — avrebbe potuto spiegare al nipote anche come trattare con Marchionne. «Non è rinunciando ai diritti dei lavoratori, Raffaè, che la Fiat progetterà nuove auto e produrrà quelle giuste per battere la concorrenza. Sient'ammè, senza soldi in saccoccia non si comprano macchine, né nostrane né forestiere». Sono certo che lo zio digiuno di tecnologia e mercati lo avrebbe fatto.
Comunque, meglio tardi che mai. Sappiamo che Bonanni ha un parente, ignorante ma saggio. All'occorrenza, può tirare dalla giacchetta il nipote un po' scapestrato (benché stagionato). E per ora ci basta.
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