▇ Ha perso anche lui, l'«amico Vladimir».
Scendendo sotto la soglia del 50%, Putin ha ancora la maggioranza
relativa della Duma. Ma la sua creatura, «Russia Unita» — sua e del suo
assistente di campo Dmitrij Medvedev —, non sarà più padrone assoluto
del gioco parlamentare. Il piccolo zar forse ce la farà lo stesso a
farsi incoronare al vertice dello Stato nel 2012 per sei anni e poi
altri sei anni ancora, fino al 2024. Cumulando un potere
complessivo da fare invidia agli ultimi capi dell'ex Unione Sovietica.
Essendo divenuto più debole, sarà ora anche più feroce con gli
oppositori? Staremo a vedere.
Registriamo, intanto, con soddisfazione, la
sua batosta politica. Benché formalmente abbia vinto ancora. Con brogli e
minacce, accusa l'opposizione e l'embrione fragile di
un'opinione pubblica indipendente vissuta da zar Vladimir come una
minaccia. Confinata per lo più su internet, e passata ora dal web alle
urne. Brutto momento per i despoti, dal Mediterraneo agli Urali.
Che non ci fossero più gli «analisti di una
volta» — fra agenti ed ex agenti segreti — l'avevo scritto il 12
novembre scorso, nel post «L'ultimo mohicano». Alla vigila del crollo
del suo «amico Silvio», l'ex funzionario del Kgb s'era sperticato — ricordate? — a
lodare Berlusconi come «un grande statista, che garantisce stabilità al
suo paese». L'abbiamo visto, quanto fosse statista e quanta stabilità
avesse garantito all'Italia, di lì a qualche ora.
Il potere acceca chi vuol perdere. Ottima cosa per chi la democrazia la intende come partecipazione. Ad ogni latitudine.
■ (venerdì 5 dicembre 2011)
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